Scultura Autobrennero | Giuliana Natali
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Scultura Autobrennero

 

Relazione del Progetto

 

Parte Artistica

Il progetto che si presenta è come tale frutto di un pensiero che mette in relazione il tema del concorso con il contenuto simbolico dell’opera in germinazione, quale espressione della dominante del paesaggio mantovano, così palesemente connotato dai laghi che circondano e quasi avvolgono in un abbraccio protettivo e caldo la città di Manto e di Virgilio. Da questa premessa nasce l’adozione di una precisa figura, più che forma, capace di rivelare nel suo immediato significante il sentimento profondo che collega Mantova all’acqua. Così l’adozione di una struttura simile a un calice o a un’anfora rinvia, anche in virtù dell’andamento sinuoso delle anse, ai contenitori del liquido primordiale, della fonte generatrice di vita, metafora della ciclicità dell’esistenza, elemento femminile che rigenera e plasma col suo continuo divenire.

 

Inoltre se si ripercorrono le documentazioni storiche e la trasmissione per immagini di Mantova e della sua terra si coglie come questa cittadina mite e nel contempo prodiga di cultura, venga sempre identificata quale nucleo abitato sorto su rive fertili e umide.

 

Infatti, le prime immagini note della città si rinvengono in affreschi o in alcune grandi mappe manoscritte su pergamena relativi al territorio mantovano, lombardo o veneto. Un elemento topografico di grande realismo su tutti le accomuna: lo specchio lacustre che circonda e difende la capitale dello stato, rendendola, nell’immaginario collettivo, forte e inespugnabile. La prima carta a stampa di questo tipo è la veduta prospettica a volo d’uccello della città e dei dintorni di Georg Braun e Franz Hogenberg, edita a Colonia nel 1575, in uno dei primi atlanti di città. Si susseguono poi rilievi di notevole impegno, come l’affresco relativo alla città e al territorio realizzato da Ignazio Danti nel 1581 nelle logge vaticane e la prima pianta prospettica disegnata e incisa da Gabriele Bertazzolo, cartografo e ingegnere idraulico mantovano, stampata nel 1596. Nel 1628 viene pubblicato il documento più raffinato di tutta la cartografia mantovana moderna, la seconda pianta prospettica a volo d’uccello della città e dei dintorni di Gabriele Bertazzolo, volta a diffondere – con la rappresentazione degli edifici gonzagheschi – il vertice raggiunto a Mantova della civiltà urbana frutto di una cultura rinascimentale sofisticata, modello esemplare dell’urbis governata dall’intelligenza dell’uomo.

 

Lungo i secoli in nessun rilievo dagli intenti realistici viene meno l’idea di città lacustre fissata in immagini che cristallizzano un topos ricorrente, confermato da rappresentazioni in manoscritti, monete, medaglie, opere pittoriche e riscontrabile anche in tutte le descrizioni letterarie di età moderna. Ancora oggi al viaggiatore che visita Mantova rimane nella memoria l’immagine di una città governata e riflessa nell’acqua.

 

Questi presupposti sono state le premesse per scegliere di realizzare un’opera con il vetro, nessun altro materiale poteva meglio esprimere il concetto dell’acqua, della sua trasparenza e inconsistenza, della sua luminosità soggetta al variare della luce diurna.

 

Non si tratta di costruire un monumento per Mantova, quanto di presentare all’ospite, che abbandona l’autostrada per abbordare le rette che portano al cuore del centro abitato, un’immagine che abbia, si potrebbe dire, la forma del sentimento della città, la sveli nella purezza e nella semplicità di una figura plastica. Nel medesimo tempo l’emergenza visiva dell’opera ricorda al cittadino mantovano che rientra a “casa” che è prossimo a ricongiungersi al suo luogo natio e ai suoi affetti. Come per il navigante il faro indica l’approdo sicuro, quest’opera – di giorno illuminata e scaldata dal sole, di notte rischiarata da sapienti luci –  segna un traguardo, la certezza di una meta, che non svapora nella nebbia.

 

La scultura è realizzata con l’adozione di una serie di lastre di vetro azzurre disposte orizzontalmente, secondo sporgenze differenti in modo tale da creare un movimento ondulatorio. Queste lastre sono sorrette da una struttura portante e sono leggermente distanziate l’una dall’altra in modo da  consentire al vento di attraversarle senza porre resistenza alcuna. La scelta di un vetro pregiato satinato, ne garantisce la purezza e il gradiente di luminosità.

 

L’opera, alta nove metri, preferibilmente collocata su un piano rialzato rispetto a quello attuale, vuole denunciare la sua presenza in modo naturale, quasi facesse parte dell’habitat geografico così da dialogare con l’ambiente e divenire un corpo organico plastico. Infine, l’immersione della struttura nell’atmosfera provoca il trascolorare continuo della materia, fino ad assumere i colori della luce del giorno, ubbidendo alle condizioni meteorologiche e all’umore delle stagioni. Nelle ore notturne la luce, velata o vivida del cielo variamente rischiarato dalla luna, dialoga con l’illuminazione che scaturisce da un’area ricavata all’interno di un ricettacolo scavato presso l’alveo dell’opera, affinché questa sembri emanare luce propria.

 

Struttura dell’opera

L’opera si compone di 127 mensole di vetro sagomate, disposte orizzontalmente, distanziate l’una dall’altra di cm. 5. Tale distanza ha la funzione di ridurre il carico del vetro e favorite il passaggio del vento.

  • Lo spessore delle mensole è di cm.1.
  • L’altezza complessiva dell’opera è di mt. 9.00.

 

Il sistema portante dell’intera struttura è rappresentato dai 4 tubolari sagomati, scatolati e calandrati, di acciaio corten, trattati con antiruggine, collocati ai quattro angoli esterni delle mensole, e dalle doppie file di distanziatori, collocati simmetricamente nella parte centrale delle mensole.

 

Ai tubolari sono stati fissati, da entrambi i lati, tanti profili a forma di “U” quante sono le mensole, usando silicone strutturale trasparente.

 

Per dare stabilità all’opera si è pensato di prolungare tutto il sistema portante all’interno di una gettata di cemento, predisposta nel terreno sottostante.

 

Da quanto si può rilevare dal progetto, le forme delle mensole non sono costanti: vista frontalmente la struttura parte dal basso con una larghezza di mt. 4,50 e si restringe progressivamente verso l’alto, raggiungendo il punto più stretto a circa 1/3 dell’altezza,   proseguendo verso l’alto allargandosi progressivamente fino ad arrivare ad un’apertura massima di mt.6.

 

Da 1/3 dell’altezza verso l’alto si crea una fessura di cm.20, sulla mediana verticale, chiusa in alto da una trave di vetro.

 

Le forme delle mensole differiscono nelle misure anche sui fianchi: partendo dal basso la profondità è di cm. 70 che diminuisce verso 1/3 dell’altezza, per poi tornare ad allargarsi verso l’alto, dove raggiunge cm. 90/100 circa. Ogni mensola presenta una profondità pressoché costante nella parte centrale, che corrisponde  a cm.26 circa.

 

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Scultura Autobrennero
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